Ancora scoperte al Parco Archeologico di Pompei, in una Villa di Civita Giuliana ritrovati locali con fave e frutta
“Sono casi come questo in cui l’assurdità del sistema schiavistico antico diventa palese – commenta il Direttore di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, co-autore dello studio sul quartiere servile di Civita Giuliana – Esseri umani vengono trattati come attrezzi, come macchine, ma l’umanità non si può cancellare così facilmente.E così, il confine tra schiavo e libero rischiava continuamente di svanire: respiriamo la stessa aria, mangiamo le stesse cose, a volte gli schiavi mangiano persino meglio dei cosiddetti liberi.
Allora si spiega come in quel periodo ad autori come Seneca o San Paolo potesse venire in mente che alla fine siamo tutti schiavi in un senso o nell’altro, ma possiamo anche tutti essere liberi, almeno nell’anima.Si tratta del resto di un tema che non appartiene soltanto al passato, dal momento che la schiavitù, in altre forme e sotto altri nomi, è ancora una realtà a livello globale; alcune stime parlano di oltre 30milioni di persone nel mondo che vivono in condizioni assimilabili a forme moderne della schiavitù.”
Gli scavi archeologici a Pompei continuano a riservare sorprese. Nel quartiere servile di una grande villa, sono stati trovati anfore con fave e un cesto con frutta, probabilmente destinati ai lavoratori schiavizzati che abitavano in piccole celle di 16 mq. Questi alimenti, ricchi di vitamine e proteine, integravano la dieta basata sul grano e testimoniano la cura del padrone per i suoi “strumenti di produzione”, il cui valore poteva arrivare a migliaia di sesterzi. “Sono casi come questo in cui l’assurdità del sistema schiavistico antico diventa palese – dichiara il Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, co-autore dello studio sul quartiere servile di Civita Giuliana – Esseri umani vengono trattati come attrezzi, come macchine, ma l’umanità non si può cancellare così facilmente. E così, il confine tra schiavo e libero rischiava continuamente di svanire: respiriamo la stessa aria, mangiamo le stesse cose, a volte gli schiavi mangiano persino meglio dei cosiddetti liberi. Allora si spiega come in quel periodo ad autori come Seneca o San Paolo potesse venire in mente che alla fine siamo tutti schiavi in un senso o nell’altro, ma possiamo anche tutti essere liberi, almeno nell’anima. Si tratta del resto di un tema che non appartiene soltanto al passato, dal momento che la schiavitù, in altre forme e sotto altri nomi, è ancora una realtà a livello globale; alcune stime parlano di oltre 30milioni di persone nel mondo che vivono in condizioni assimilabili a forme moderne della schiavitù.”
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